Un viaggio alla ricerca dell’ identità italica

 
 

Presentazione di Giuliana Maggini

E’ l’alba: un po’ di luce e molto silenzio. Giorgio Alberti preferisce continuare il colloquio e approfondire il suo incontro con Francesco, nuovo sole, tra gli “splendori antelucani” del suo Dante piuttosto che tra i fantasmi della notte. Egli non ha uno spirito romantico, è invece un uomo indagatore per il quale già il viaggio intorno alla propria camera è un’avventura, e tanto più quello nella propria mente e tra le testimonianze lasciate da altri. Gli incontri stimolanti, spesso cercati, richiedono domande e risposte e finiscono col perdere il carattere di occasionalità. Poi vengono l’analisi e la riflessione, i collegamenti e le interpretazioni, il rapporto col proprio mondo. Così l’erudizione è labirinto di sorprese, borgesiana biblioteca di Babele cui ridare continuamente ordine per raggiungere l’equilibrio e la chiarezza della conoscenza, e anche luogo di compagnie quotidiane: diventa patrimonio del proprio mondo culturale e spirituale.
In questi viaggi, o, come dice l’autore, “liberi pellegrinaggi”, Giorgio ha dunque incontrato Francesco d’Assisi. Un incontro patrocinato da questi stessi luoghi valtiberini, tra La Verna e Assisi, con Montecasale alle spalle e altri luoghi francescani su per gli Appennini, il quale, com’era prevedibile, si è risolto in un innamoramento per il piccolo frate: della sua spiritualità prima di tutto, ma anche della sua umanità così votata ad amare da annullare ogni altra esigenza. L’incontro diventa allora ricerca, una vera e propria indagine per raggiungere il segreto di Francesco che, da giovane-bene qualunque, l’ha trasformato nel santo più amato, nel santo laico e giullaresco da strada – una qualità che non sempre emerge in Francesco eppure di notevole peso, se si pensa al rovesciamento della mentalità feudale e alla sua santa follia -.L’ ha trasformato anche nel mistico vicino alla natura e agli animali, così cari di per sé a Giorgio, che ha riconosciuto nel suo coraggio di comprendere in Dio tutte le creature un arricchimento per la stessa cultura cristiana e un modo nuovo di vedere il mondo, cui fa seguito un nuovo linguaggio di cose, volgare, destinato a cose grandi.

Il mondo spirituale e morale di Francesco travalica i suoi pochi scritti. Allora l’indagine per accostarsi a lui deve necessariamente ampliarsi e cogliere gli echi del suo tempo e di quello immediatamente a lui successivo. E qui, con Giotto e Dante che colsero vigorosamente nella rappresentazione di Francesco il riflesso di se stessi con novità assoluta di ispirazione, ampiamente studiati nella loro grandezza, si palesa allo studioso la felicità di un tempo che ha trovato la sua coesione in quelle voci alte e chiare cui corrispondeva un fervore di vita politica e sociale:…ci è sembrato di scorgere, in quella stagione, le solide radici della pianta che si sarebbe poi via via arricchita di fronde rigogliose…. E’ il genio italico, come lo chiama lui, cioè il carattere distintivo della stirpe italica quale si è venuto formando attraverso secoli di gestazione e vicende ora drammatiche ora luminose ma sempre irrinunciabili. A questo punto l’indagine piega verso una conclusione provvisoria, la potenza del mondo spirituale e morale come sostegno dell’arte, e, dopo i ritratti di Francesco, quasi “santini” affidati a pittori come Cimabue – Giorgio ama l’immagine quanto la parola che ha corpo, e grandissime sono le sue conoscenze anche nel campo artistico – l’autore aggiunge al suo percorso l’accenno a quattro spiriti profani testimoni del genio italico: Machiavelli e Vico, Galilei e Vivaldi. Conclude poi con l’Italia di Francesco, di Giotto, di Dante: questi non solo aprirono strade che hanno condotto lontano, sono i padri di un’Italia che trova nei loro messaggi la propria unità … che infine è più profonda di quella poetica: è l’unità della cultura, l’anima cioè di un popolo e della sua lunga storia: da sola rappresenta ed elabora le qualità più intime di una civiltà.
La ricerca, qui, è però tutt’altro che compiuta: Attraverso l’immagine di questi volti e la storia di queste vicende, noi abbiamo cominciato a udire più distintamente i richiami molteplici della vita. E’ anzi l’inizio di ulteriori pellegrinaggi verso nuove tappe da dove poter leggere il cammino compiuto e tutta l’esistenza.

Questo libretto è l’itinerario di questa ricerca così come l’autore vi si è aggirato. Non è dunque un racconto: la persona non è in primo piano, anche se è continuamente sottesa al discorso e l’io alimenta il colloquio con i personaggi, né è una pura esposizione di contenuti. Non è nemmeno un saggio, nonostante l’uso di questo termine da parte dell’autore, che voglia dimostrare una tesi procedendo con la scientificità delle argomentazioni logiche. Ci aiuta la Nota bibliografica, che rifugge dall’arido elenco dei testi di riferimento ed è piuttosto una confessione delle proprie predilezioni. Ci dice l’Alberti che il “saggio” è il risultato di una lunga e ininterrotta consuetudine con le pagine che ci hanno parlato, nel tempo, di Francesco d’Assisi: citarle tutte sarebbe impossibile e, soprattutto, anche inutile, considerato il fatto che le nostre letture hanno avuto sempre il carattere di un libero pellegrinaggio. …pagine divenute vaghe e fluttuanti nella memoria, confuse con lo stesso dipanarsi degli avvenimenti personali…Perciò, ci sembra, il libro è piuttosto una lettura commentata e intrisa di riflessioni che deve continuamente allargarsi in ampiezza e profondità per rendere ragione dell’intuizione, della sensazione provata, un processo in cui le indicazioni di carattere culturale vanno a toccare il mistero dell’uomo e dell’arte. E’ una prosa che ha i caratteri della poesia e mai lontana dalla realtà, colta con sguardo penetrante oltre il fenomenico. La lettura richiede una continua attenzione perché ogni periodo e ogni parola sono densi e pregnanti, il succo di un processo in cui convivono cultura, passione, ragione. Vi si troverà quindi un periodare che segue il giro del pensiero con termini distillati la cui comunicazione non è immediata e richiede anzi una mente vigile e disponibile. La stampa integrale del testo, anche con le stesse pause che Giorgio ha voluto che sono come spazi lasciati alla meditazione, garantiscono il rispetto per un lavoro che non si può in alcun modo manipolare senza che salti una perfetta unità, un equilibrio letterario di grande raffinatezza, perfettamente armonizzato con una costante tensione emotiva.

 

Giuliana Maggini